Sting, un cocktail di sonorità per 10mila...
Il rock sulle corde del basso dell'ex Police - Padova, Hydrogen Festival. I 35 anni di carriera dell'artista inglese cavalcati con il vecchio Fender al collo. Mix intrigante di reggae, gospel, rock e punk.
Forse Sting è un mago. Di quelli che riescono perfino ad evocare la pioggia. Di quelli che fanno cadere qualche goccia da un cielo quasi terso durante l'ultimo bis di un concerto stellare, esattamente quando la canzone, 'Fragile', recita ''On and on the rain will fall like tears from a star''. Diecimila persone sono arrivate martedì sera a Piazzola sul Brenta per verificare lo stato di salute (musicale) di Gordon Matthew Thomas Sumner, in arte solo Sting, che a sessant'anni suonati, dopo una lunghissima tournee fondata sulle suggestioni orchestrali del ''Symphonicity Tour'', ha voluto ributtarsi al collo il suo vecchio basso Fender Precision degli anni Cinquanta, e dimostrare che, come canta il collega Neil Young, ''rock and roll will never die''. Riuscendoci.
Venti canzoni per raccontare 35 anni di carriera (prima dei 25 di carriera solista, c'erano i Police) in poco meno di due ore di un live pieno, suonatissimo e intrigante. Un live che ripercorre tutti gli amori musicali di Sting, desumibili dagli arrangiamenti dei brani ma anche dalla nuda natura delle canzoni: si va dal reggae bianco di 'Every little thing she does is magic'al levare di 'Englishman in New York', dal gospel di 'I hung my head' al blues 'Heavy cloud no rain', dal vicino Oriente di 'Desert rose' al punk rock di 'Next to you'. Sting riscopre il piacere di suonare i Police, otto canzoni sulle venti in scaletta, con delle straordinarie 'De do do do, de da da da' e, nei bis, 'King of Pain'. Un mix di ingredienti sonori passati nello shaker creativo di un artista come Sting, che riesce ancora a fare sognare ad ogni canzone (e non solo, vedendo l'entusiasmo e i commenti di tante spettatrici in adorazione per la maglietta attillata di Sting).
Merito della riuscita del concerto va anche ad una band sontuosa. Oltre al fedele chitarrista Dominic Miller, c'è un tastierista precisissimo come David Sancious (fino al 1974 membro dell'E Steet Band di Bruce Springsteen), Vinnie Colaiuta presentato da Sting come ''Vincenzo Pietro'' il migliore batterista del mondo (ha suonato con Frank Zappa, Jeff Beck, Herbie Hancock, Duran Duran e Christina Aguilera), il violinista Peter Tickell (da brividi l'assolo rabbioso nella coda solo strumentale di 'Love is stronger than justice') e la potente seconda voce Jo Lawry. Sting ha abbandonato (metaforicamente) i vestiti eleganti con cui l'avevamo visto l'anno scorso in piazza San Marco e ha indossato gli abiti, un po' più stretti, da rocker. E non è un sintomo di pazzia se in alcuni momenti ha ricordato il personaggio di Ace nel film ''Quadrophenia'' degli Who. Oltre a due ore di musica, chiuse con un invasione di settori tutti in piedi e sotto il palco (anche sulle seggiole), Sting offre un'immagine di sé che unisce talento, tranquillità e gioia di condivisione. Grazie al soggiorno nella sua casa nel Chianti, ormai mastica anche qualcosa d'italiano, rivolgendosi al pubblico solo in questa lingua: ''Bella quella casa- scherza indicando villa Contarini - ma la mia è ancora più bella''.
(c) Corriere del Veneto by Francesco Verni